TESTIMONI DI GEOVA: LA GESTIONE OPACA DEGLI EX SOCI ESPULSI O DIMISSIONARI

Oggi affrontiamo un tema spinoso: il diritto di uscire da un’organizzazione religiosa e di veder riconosciuta e rispettata la propria scelta. Nello specifico, parliamo della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.
Molti credono che lasciare questa organizzazione sia semplice: basterebbe smettere di frequentare. La realtà, per chi ci prova, è molto diversa e si scontra con un muro di opacità, rifiuti e una gestione dei dati personali che solleva seri interrogativi sul rispetto della normativa italiana ed europea.
Il punto di partenza fondamentale è questo: i Testimoni di Geova in Italia sono un’entità giuridica riconosciuta. Possiedono uno statuto, depositato da un notaio e approvato dall’Autorità competente. Questo statuto rappresenta il loro contratto con lo Stato italiano. In questo documento, all’articolo 5, sono chiaramente definiti i soci, i loro obblighi e, in teoria, anche le modalità di recesso e di esclusione.
Eppure, nonostante questo formale riconoscimento, esiste un abisso tra lo statuto scritto e la pratica applicata. Migliaia di ex membri, siano essi dimissionari o espulsi, si trovano in un limbo giuridico e pratico. Perché?
Primo problema: la conferma scritta delle dimissioni.
Per correttezza, dobbiamo precisare che il loro statuto non obbliga l’associazione a comunicare i dati di un’eventuale espulsione. Gli anziani si limitano a fornire soltanto informazioni dettagliate sulla possibilità di rientrare; senza indicare chiaramente che il fuoriuscito di fatto non è più socio dell’associazione religiosa e quindi non potrà più partecipare ad alcune attività religiose riservati ai Testimoni di Geova. Perché l’informazioni date non sono chiare?
L’ex socio deve accontentarsi di un generico annuncio che dichiari “… non è più un Testimone di Geova”.
Nel caso di una lettera di dimissioni, essa viene spesso ignorata o, peggio, considerata irrilevante. L’organizzazione tratta la richiesta come un atto meramente “spirituale”, interno alla congregazione, e non come un atto giuridico formale che coinvolge un socio di un’associazione registrata. Questo nega all’individuo la prova tangibile di non appartenere più a quell’ente.
Inoltre, quando un ex socio (dimissionario o espulso) invia una richiesta formale di “accesso agli atti” secondo le vigenti normative, i Testimoni di Geova di fatto non forniscono mai questi dati.
Secondo problema, ancora più grave: la cancellazione dei dati personali.
Qui entriamo in piena violazione del Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati (GDPR). Un ex membro che richiede la cancellazione dei propri dati personali – appunti, schede, rapporti, lettere di connotazione spirituale, eventuali incarichi ricoperti – si sente rispondere con un rifiuto categorico. La giustificazione? Che questi dati sono necessari per “motivi religiosi” o per “interessi legittimi” dell’associazione, come tenere una lista di persone espulse e di conseguenza soggette all’ostracismo (shunning).
La legge è chiara: il diritto all’oblio e alla cancellazione è un diritto fondamentale. L'”interesse legittimo” di un’associazione non può sovrastare il diritto fondamentale di un individuo a vedere cancellati i propri dati personali, soprattutto quando contengono giudizi, valutazioni e informazioni sensibili sulla sfera religiosa, filosofica o addirittura sanitaria. Il Garante della Privacy italiano si è già espresso in merito in casi simili, confermando la preminenza dei diritti dell’individuo.
Terzo problema: il conteggio opaco dei membri.
Come fanno i Testimoni di Geova a dichiarare di avere circa 9 milioni di membri nel mondo e centinaia di migliaia in Italia? La risposta è: con un sistema interno e totalmente non verificato.
Nei loro conteggi ufficiali distinguono tra un membro attivo e una persona battezzata che ha smesso di frequentare da anni? Che dire degli espulsi o i dimissionari sono ancora contati?
Fintanto che un ex battezzato/a non riceve formalmente la documentazione che attesti la sua cancellazione dall’elenco dei soci, rischia di rimanere un numero nelle loro statistiche come socio/a inattivo/a?
Del resto, lo statuto – che applicano rigorosamente quando fa loro comodo – afferma: “Il BATTESIMO per immersione, a cui si sottopongono volontariamente, per divenire Testimoni di Geova…”.
Pertanto, chi viene espulso o si dimette di fatto fa decadere la valenza associativa di quel battesimo, in quanto la persona non si identifica più come Testimone. Perché, ci chiediamo, una persona che desidera rientrare successivamente nella congregazione non deve battezzarsi nuovamente? Il precedente battesimo è ancora valido? Non è mai stato annullato veramente? Se è così, allora la persona è rimasta socia inattiva o sospesa?
Probabilmente, questo spiega perché rifiutano di rilasciare conferme scritte delle dimissioni o delle espulsioni: perché ammetterebbero ufficialmente di aver perso un socio e dovrebbero aggiornare i loro numeri. È un sistema chiuso, autoreferenziale, i cui dati non sono mai stati verificati da alcuna autorità statistica indipendente. Contano loro, comunicano loro, e chiedono agli altri di prenderli in parola.
Cosa significa tutto questo?
Significa che ci troviamo di fronte a una palese asimmetria informativa e giuridica. Da un lato, un’organizzazione che si è dotata di uno statuto formale per ottenere i benefici del riconoscimento statale (come il 5×1000 e un agognato 8×1000 mai approvato dallo Stato). Dall’altro, la stessa organizzazione che, nella pratica, rifiuta di rispettare le norme fondamentali che regolano i rapporti tra associazioni e soci, e tra titolari del trattamento e interessati, negando prove, conferme e cancellazioni.
Quindi, per concludere: non è una questione di fede o di teologia. È una questione di diritto, di trasparenza e di rispetto della persona.
I Testimoni di Geova chiedono agli altri di riconoscerli come associazione religiosa ufficiale, ma si sottraggono agli obblighi che questo status comporta, in particolare verso chi ha deciso consapevolmente di non farne più parte.
La prossima volta che sentirete parlare dei loro numeri ufficiali o della loro presunta trasparenza, ricordatevi che quei numeri sono un’opinione, non un dato di fatto certificato. E ricordatevi che per migliaia di persone ottenere un semplice foglio che attesti “non è più socio” è una battaglia persa contro un muro di gomma, un muro che spera che tu ti stanchi e ti arrenda.
La legge c’è. I diritti pure. Il problema non è la legge, ma la volontà di chi dovrebbe applicarla.
di Emilio Morelli (Consigliere dell’Associazione Quo Vadis a.p.s.)
LA MISSIONE DI QUO VADIS a.p.s. E’ TUTELARE LE PERSONE CIRCUITE E VESSATE DA SETTE E ORGANIZZAZIONI DEVIANTI
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